Ubbidire o comprendere? Una riflessione per i genitori
“Ubbidisci!”: una parola breve, spesso urlata, a volte sussurrata, talvolta trattenuta. È una parola che attraversa generazioni e culture, ma che oggi merita uno sguardo più consapevole.
Nel lavoro quotidiano con bambini e famiglie, mi capita spesso di osservare quanto il concetto di “ubbidienza” sia carico di significati: per alcuni è ordine e sicurezza, per altri rinuncia e controllo. Ma cosa accade nella mente di un bambino quando gli si chiede, o impone, di ubbidire?
👂 Ubbidienza e ascolto: due direzioni diverse
Molti genitori si chiedono se sia giusto pretendere l’ubbidienza come forma di rispetto. Ma l’ubbidienza cieca può diventare distanza. Un bambino che ubbidisce sempre non è detto che stia capendo. E un genitore che ordina sempre, non è detto che stia ascoltando.
Educare non significa solo ottenere comportamenti corretti, ma costruire relazioni fondate sull’ascolto e la fiducia. Insegnare le regole non esclude il dialogo, anzi: lo rende più solido.
📌 Una domanda per tutti noi
Prima di chiedere “ubbidisci”, possiamo chiederci: “L’ho ascoltato davvero?”
Il rispetto, nella relazione educativa, è sempre reciproco. Anche i bambini hanno una voce che va accolta, anche se piccola, anche se incerta.
💬 In conclusione
Questo breve pensiero non vuole fornire risposte assolute, ma aprire uno spazio di riflessione. La sfida dell’educazione sta proprio qui: tra l’urgenza del momento e il tempo necessario per crescere insieme.
Prof. Michael Mostert