Il Silenzio
Hai mai provato a rimanere in silenzio per un po’? Non è facile, vero? I bambini, in particolare, fanno fatica a stare zitti, ma anche gli adulti spesso trovano difficile farlo. Quando due persone parlano, il momento che intercorre tra la fine di una frase e l’inizio dell’altra dura di solito meno di un secondo! Ma se il silenzio si protrae, le reazioni possono variare a seconda del paese in cui ci troviamo.
Ad esempio, in una conversazione in inglese, le persone iniziano a sentirsi a disagio se il silenzio dura più di quattro secondi. Al contrario, i giapponesi riescono a restare in silenzio anche per otto secondi, considerando questo momento un segno di rispetto verso chi ha appena parlato e un’opportunità per riflettere sulle sue parole.
In alcune culture, il silenzio è addirittura visto come un segno di comunicazione perfetta: quando ci si capisce davvero, le parole non sono sempre necessarie. Si usano solo quando è necessario chiarire qualcosa.
Secondo gli studiosi, più una società è “mista” – cioè composta da persone molto diverse tra loro – più si fa uso del linguaggio per comunicare. In questi casi, un silenzio durante una conversazione può sembrare strano o addirittura sospetto, perché può far pensare che qualcuno stia architettando un piano o cercando di nascondere le proprie intenzioni. Tuttavia, tra amici stretti o in famiglia, dove c’è una profonda conoscenza reciproca, anche i silenzi più lunghi non creano disagio: ci si fida di più e non c’è bisogno di riempire ogni pausa con parole.
In alcune situazioni, come le trattative di lavoro o in ambito politico, il silenzio può diventare un’arma potente: chi riesce a utilizzarlo in modo efficace dimostra sicurezza e controllo. Ma se non si è abituati a questo, può far sentire a disagio.
Ricordo che mia mamma diceva: “Adesso tutti a letto! Facciamo la gara del silenzio: chi parla perde, e chi vince prende un premio!”.